Trattamento Cognitivo Comportamentale Del Disturbo Di Panico

fobia-sociale-2La psicoterapia ha lo scopo di facilitare la soluzione di un problema. Nel caso specifico del DAP. il problema consiste nell’alterazione, avvenuta nel tempo, di quel meccanismo che ha la funzione di proteggerci in caso di reale pericolo, attivando azioni di attacco o fuga. Nel DAP tale allarme scatta di fronte a situazioni percepite erroneamente come minacciose.
Lo schema seguito dal soggetto è il seguente:

Uno stimolo interno (pensieri, immagini,sensazioni fisiche) od esterno (guidare, recarsi in un posto ritenuto poco sicuro, fare la fila alle poste etc..) viene percepito come potenzialmente pericoloso;

Il meccanismo di allarme si innesca, provocando sintomi somatici (es.tachicardia) e cognitivi (paura di morire,paura di impazzire, derealizzazione, depersonalizzazione) che vengono erroneamente interpretati come la spia di un grave malessere;

L’ansia diventa sempre più intensa fino a scatenare un attacco di panico;

Le manovre di evitamento contribuiscono a mantenere, nel tempo, il disturbo.

Da questo schema si intuisce che il soggetto probabilmente non riesca a risolvere il problema perché la sua soluzione (evitare le situazioni ansiogene) coincide con il problema stesso. Evitando di esporsi agli stimoli che gli procurano ansia,infatti, questi diventeranno sempre più minacciosi.

Esposizione graduale agli stimoli ansiogeni 
L’esposizione allo stimolo ansiogeno si basa sul fatto che l’ansia tende a diminuire spontaneamente dopo un lungo contatto(da 60 a 90 minuti) con lo stimolo stesso.
Un’esposizione ripetuta e prolungata riesce infatti ad estinguere le reazioni d’ansia condizionate e confutare le idee errate e catastrofiche nei loro confronti.
L’esposizione a stimoli esterni risulta particolarmente indicata in casi caratterizzati da una forte componente agorafobica allargatasi al punto tale da ridurre gravemente l’autonomia dell’individuo ed il suo funzionamento. L’esposizione funziona perché l’ansia dopo un po’ tende a decrescere, fino a scomparire del tutto. Se ci si espone, dunque, si può sperimentare che le conseguenze temute non si avverano e che l’ansia anzi si riduce. Dal punto di vista procedurale, l’esposizione dal vivo deve essere organizzata, in genere, in modo tale da permettere di affrontare gradualmente situazioni progressivamente più ansiogene. Tutto questo produrrà un significativo incremento dell’autonomia e della funzionalità dell’individuo.
Durante l’esposizione a stimoli interni (enterocettiva), la persona invece si espone a sensazioni fisiche e mentali (ad esempio vertigini, palpitazioni, sensazioni di asfissia, ecc.), capace di fargli rivivere il panico. Una frequente esposizione a tali sensazioni è in grado di indebolire il loro effetto dimostrando che le aspettative catastrofiche tanto premute non avverranno.