Depressione Palermo

                                                 

p031_0_01_07Depressione Palermo

 Un cambiamento dell’umore in forma leggera è un’esperienza che tutti fanno di tanto in tanto. Anche se siamo abituati ad usare frasi del tipo: “Oggi mi sento un po’ depresso”, con molta probabilità in questi casi non si soffre di un disturbo psicologico vero e proprio. La depressione più grave (depressione clinica), quella che richiede un trattamento psicologico, presenta un gran numero di sintomi, oltre quello ovvio dell’umore depresso.
La depressione è caratterizzata da cambiamenti fisiologici, dell’umore, del modo di pensare, del comportamento. L’Associazione di Psichiatria Americana definisce episodio depressivo maggiore l’avere 5 o più sintomi tra quelli qui sotto elencati durante il giorno, quasi ogni giorno, per un periodo di almeno due settimane:
– umore depresso;
– perdita di piacere per quasi tutte le attività durante il giorno;
– cambiamento di peso significativo (aumento o diminuzione);
– cambiamenti nelle abitudini del sonno;
– essere agitato o essere rallentato;
– mancanza di energia;
– sensazione di essere inutile;
– difficoltà nella concentrazione;
– pensieri ricorrenti di morte o di suicidio.
Naturalmente nessuna persona depressa può avere tutti questi sintomi contemporaneamente e nessuna corrisponderà esattamente a questi modelli.

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curiositapp_diffusione-sistemi-operativi-dicembre2014Quanto è diffusa?
La depressione, che è conosciuta come sindrome clinica da più di duemila anni, ha causato più sofferenze umane di qualunque altra singola malattia che affligge l’umanità. In base alle statistiche, quasi una persona su 6 ne soffre almeno una volta nella vita. Supponiamo che tu faccia parte di una classe elementare di 30 alunni, probabilmente 5 dei tuoi compagni di classe saranno clinicamente depressi almeno una volta nel corso della loro vita.

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Depressione palermo

Cause
La depressione può colpire chiunque, giovani o vecchi, ricchi o poveri. È dovuta a cause molteplici e diverse da persona a persona (ereditarietà, ambiente sociale, lutti familiari, problemi di lavoro…). Le ricerche mostrano tuttavia la presenza di due fattori principali che aumentano il rischio di svilupparla:
– il fattore biologico: alcuni di noi nascono con una maggiore predisposizione genetica verso questa malattia;
-il fattore psicologico: le esperienze che hanno caratterizzato la nostra vita, particolarmente quelle dell’infanzia, possono favorire una vulnerabilità acquisita alla depressione. Questa vulnerabilità non necessariamente porterà tutti alla depressione. Alcune delle persone vulnerabili possono vivere tutta la vita senza sperimentare mai la depressione o fino a quando succede qualcosa che la fa scattare. Questo fattore scatenante è spesso qualche tipo di tensione, o un evento spiacevole che sconvolge la vita. In genere sono proprio quegli eventi che si accordano con il nostro tipo di vulnerabilità (la rottura di una relazione, la perdita del lavoro, la morte di una persona cara, la morte di un animale domestico…).
I due fattori possono anche interagire tra di loro: possiamo essere nati con una tendenza ereditaria alla depressione (fattore biologico), ma non svilupparla realmente fino a quando nella nostra vita non accade un evento sconvolgente (fattore psicologico).

p031_0_01_06Trattamento
Alcuni recenti studi hanno dimostrato che l’abbinamento della terapia cognitivo-comportamentale a un trattamento farmacologico, sotto stretto controllo medico, è tra i sistemi più efficaci per curare la depressione. Quando le persone sono depresse, infatti, cambiano sia il loro modo di pensare, di comportarsi e di sentire, sia i meccanismi biochimici del cervello, sui quali agiscono i farmaci antidepressivi. È stato documentato come il trattamento psicologico – e in particolare la tecnica di mindfulness – possa essere migliore rispetto alla farmacoterapia per prevenire le ricadute future, frequenti in chi ha già avuto un episodio depressivo.

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La terapia cognitivo-comportamentale, applicata alla depressione fin dagli anni ’70, muove dall’idea che parte di ciò che mantiene le persone in stato depressivo è il modo in cui esse guardano il mondo. Secondo questo approccio, il pessimismo, il senso di disperazione e l’autocritica, così caratteristici della depressione, sono il punto centrale per capire come una persona diventa depressa e come rimane in quello stato. È come se qualcuno ci inseguisse tutto il giorno sussurrando nel nostro orecchio: “Sei inutile, non piaci a nessuno, sei debole, non hai personalità, sei un cattivo genitore, non sei capace di fare il tuo lavoro…”. La maggior parte delle persone rimarrebbe sconvolta.
La terapia cognitivo-comportamentale ha un duplice scopo:
– ridurre i tempi della guarigione;
– ridurre la possibilità di eventuali ricadute in futuro.
Essa ha come interesse primario il miglioramento della qualità della vita dei pazienti.
Il terapeuta cognitivo-comportamentale aiuterà il paziente ad identificare e cambiare i modi di pensare (fattori “cognitivi”) e i comportamenti (fattori “comportamentali”) distorti che lo mantengono in stato depressivo, a ristabilire i precedenti livelli di attività, a riprendere le proprie relazioni sociali, e soprattutto a prevenire eventuali ricadute riconoscendo i sintomi della depressione appena si manifestano.